>> Politica e cultura: riflusso?

Articolo del giorno 06/11/2003 sulla Prima Pagina del CORRIERE ADRIATICO




politica e cultura: le nuove analogie


POLITICA e cultura. Trent'anni dopo, forse in occasione di un benemerito centenario del Corriere, si rispolvera un tema assai caro al dibattito delle idee. Forse sulla scìa di una annunciata censura (come quarant'anni fa) alla rinomata coppia Fo/Rame. Che strano! Fu un altro Corriere (quello della Sera) che diede la prima pagina trent'anni fa a Pier Paolo Pasolini su questo accattivante, contraddittorio tema. Siamo nel riflusso? Ci sono nuove analogie fra gli allora governi democristiani e l'attuale di centrodestra?

... Prima riflessione: la censura. Mi ha colpito la dichiarazione "libertaria" della Signora Veronica Lario sul caso Fo. Come ha potuto quella agguerrita consigliera del Piccolo Teatro di Milano appellarsi al diritto di censura nei confronti dell'arte o della satira teatrale? Che l'amministratrice milanese non abbia letto il "Paradosso dell'attore" di Denis Diderot è forse scontato (ecco un altro ritorno, l'illuminismo francese, in tempo di appelli alla Liberté, Egalité, Fraternité?). Ma quante volte sentiamo dire quella frase: "La politica deve stare fuori dal teatro?". Di primo acchito qualcuno potrebbe concordare con Rosa Giannetta Alberoni (ecco svelato il nome della consigliera): infatti, occorre una forte dose di "autolesionismo" se uno spettacolo teatrale o un film fosse come un comizio o una conferenza di partito? Ma la vera Libertà è proprio quella di decidere se andare a teatro o starsene a casa, se votare a Destra o a Sinistra, se scegliere di digitare un canale Tv o un altro. (L'importante è che i canali Tv non sia tutti uguali e la "Libertà non sia obbligatoria", come diceva Gaber). Divieto al divieto! Quindi: vietato vietare Paolino Rossi o Sabina Guzzanti! Vietato vietare Enzo Biagi o Emilio Fede!.

Seconda riflessione: la politica. La politica (da non confondere con la partitica) è nel sotterraneo quanto nel palese sistema che riguarda la vita pubblica. Nel teatro ha radici negli antichi greci: chi ricorderebbe oggi Sofocle o Aristofane se non ci fossero stati i loro "Edipo re", "Antigone", "Le rane"? O Shakespeare con i suoi "Re Lear", "La tempesta", "Il Giulio Cesare"... Senza ricorrere ai più significativi esponenti del teatro politico, come Brecht, Weiss, Maiakovskij, Pasolini, il senso del politico lo possiamo avvertire anche negli spettacoli che apparentemente non hanno nulla a che vedere con questa modalità di intendere o governare il "piccolo e grande" mondo. Così nel cinema. Prendiamo a titolo esemplificativo "Il vagabondo" di Chaplin o "Prova d'orchestra" di Fellini. Così nell'opera lirica con i grandi melodrammi di Verdi, o anche con Rossini, Mozart che velatamente o insinuosamente rimandano sempre al politico. In fondo anche la più superficiale e ingenua commedia musicale non può sottrarsi da un'analisi politico-sociale. Chi si esprime artisticamente, a prescindere dalla sua manifesta appartenenza per una parte politica, propone, pur nell'astrattezza, una sua visione del mondo attraverso metafore o simbologie, allegorie immaginarie o realistiche, denunce o semplice esposizioni narrative... Signori, ci ammonisce Pirandello: "Così è, se vi pare".

MASSIMO PULIANI